L’arcipelago strategico: Indonesia tra risorse contese e politica multipolare, di Andrea Ferrario – 13 maggio 2025

L’Indonesia di Prabowo Subianto naviga tra pressioni internazionali e ambizioni nazionali, bilanciando il controllo cinese sul nickel, le tensioni nel Mar Cinese Meridionale e il ritorno dei militari

Nel cuore del Sudest asiatico, l’Indonesia di Prabowo Subianto sta emergendo come un laboratorio geopolitico dove si intrecciano le ambizioni delle grandi potenze e l’aspirazione del paese a una politica estera “bebas-aktif” – libera e attiva. L’ex generale divenuto presidente nell’ottobre 2024 ha ereditato un paese in bilico tra l’apertura economica promossa dal predecessore Joko Widodo e l’ambizione di un’autonomia strategica che protegga gli interessi nazionali in un’epoca di crescente competizione tra Stati Uniti, Cina e potenze emergenti. La promessa di sviluppo attraverso gli investimenti esteri si scontra con pulsioni protezionistiche, mentre il controllo straniero sulle risorse naturali alimenta tensioni sociali interne.

In questo scenario complesso, l’Indonesia tenta di trasformare la propria posizione geografica strategica e la ricchezza di risorse naturali in leve diplomatiche per mantenere l’indipendenza in un mondo sempre più polarizzato. Da membro recente dei BRICS a partner riluttante nella competizione USA-Cina, da produttore globale di nickel a teatro di una crescente rimilitarizzazione interna, il paese con 270 milioni di abitanti si trova al crocevia di dinamiche globali che ne stanno ridefinendo la traiettoria. La nuova amministrazione Prabowo, con le sue contraddizioni e ambiguità, diventa così un prisma attraverso cui osservare le trasformazioni di un ordine internazionale in rapida evoluzione, dove i confini tra cooperazione e competizione, tra apertura e protezione, tra civile e militare diventano sempre più sfumati.

I. RIBILANCIAMENTO STRATEGICO: TRA “OMNIBUS LAW” E PROTEZIONE ECONOMICA

La strategia economica indonesiana rivela una profonda contraddizione interna che ne mina la coerenza e l’efficacia. Da un lato, l’Omnibus Law sulla creazione di posti di lavoro, approvata sotto Widodo nel 2020, ha tentato di semplificare la burocrazia e attrarre investimenti esteri creando un clima favorevole agli affari. Dall’altro, una strategia di sostituzione delle importazioni mira a ridurre le importazioni fino al 35% mediante norme nazionali restrittive. La paradossale coesistenza di queste due visioni si è manifestata nello scontro tra Apple e il governo indonesiano a fine 2024, quando la vendita dell’iPhone 16 fu bloccata per presunte violazioni delle politiche sul contenuto locale. L’episodio ha segnalato agli investitori globali i rischi dell’ambiente normativo instabile che caratterizza il paese, nonostante le promesse di liberalizzazione.

La recente adesione dell’Indonesia ai BRICS, come primo paese del Sudest asiatico a diventarne membro a pieno titolo, rappresenta un tentativo di diversificare le proprie opzioni economiche e diplomatiche. L’accesso alla New Development Bank dei BRICS offre un’alternativa alle istituzioni finanziarie tradizionali per finanziare infrastrutture e progetti di sviluppo sostenibile. Particolare rilevanza assume la cooperazione energetica, con l’accento posto sulla transizione verde attraverso tecnologie dell’idrogeno e della cattura del carbonio. Tuttavia, l’ingresso nei BRICS rischia di complicare ulteriormente il delicato equilibrio con i partner occidentali, in particolare gli Stati Uniti, con cui l’Indonesia mantiene un surplus commerciale di 18 miliardi di dollari minacciato ora dai dazi del 32% annunciati dall’amministrazione Trump e successivamente rinviati a luglio. Il governo Prabowo si trova così in una posizione delicata: da un lato cerca di guadagnare leva negoziale grazie all’appartenenza ai BRICS, dall’altro deve placare l’irritazione di Washington offrendo concessioni commerciali e acquisti militari per mitigare l’impatto delle politiche protezionistiche americane.

II. LA QUESTIONE DEL NICKEL: RISORSA STRATEGICA E FONTE DI TENSIONI SOCIALI

Il settore del nickel rappresenta il cuore pulsante della strategia industriale indonesiana e contemporaneamente il suo tallone d’Achille. I dati del 2023 indicano che le aziende cinesi controllano circa il 75% della capacità di raffinazione del nickel dell’Indonesia, con due sole compagnie – Tsingshan Holding Group e Jiangsu Delong Nickel Industry Co Ltd – che rappresentano oltre il 70% di tale capacità. Questa dominanza ha trasformato l’Indonesia nel principale produttore mondiale del metallo, che fornisce in totale 1,8 milioni di tonnellate, pari al 51% della produzione globale. Ma questa ascesa è avvenuta al prezzo di una sostanziale perdita di sovranità sul settore strategico, dato che il controllo cinese limita la capacità del paese di orientare l’industria a proprio vantaggio.

La corsa al nickel ha portato con sé un pesante tributo umano. L’organizzazione China Labor Watch ha documentato 77 morti e 120 feriti in vari impianti di nickel sostenuti da capitale cinese in Indonesia tra il 2016 e il 2024. Il parco industriale dell’Indonesia Morowali (IMIP), uno dei maggiori centri mondiali di lavorazione del nickel e produzione di acciaio inossidabile, è stato teatro di ripetuti incidenti mortali. Nell’ottobre 2024, un’esplosione in una fabbrica di acciaio ha provocato la morte di un operatore di gru, mentre il peggiore incidente nella storia del parco si è verificato nel dicembre 2023, quando un’esplosione in un impianto di nickel ha causato 21 morti e 46 feriti. Le indagini hanno rivelato pratiche di sicurezza sistematicamente inadeguate, equipaggiamento protettivo insufficiente e scarsa comunicazione tra lavoratori indonesiani e cinesi. “Produzione prima, sicurezza dopo”, ha sintetizzato un lavoratore della Indonesia Tsingshan Stainless Steel, mentre un recente sondaggio ha evidenziato come l’orario di lavoro medio degli impiegati presso l’IMIP sia di 56 ore settimanali o 225 ore mensili, ben oltre gli standard accettabili.

Le implicazioni sociali di questa corsa al nickel si estendono oltre i confini degli impianti industriali. La rapida espansione ha trasformato la demografia di intere regioni: Bahodopi, il centro industriale di Morowali, ha visto la sua popolazione passare da 7.517 residenti nel 2017 a circa 50.000 nel 2022, con conseguenti pressioni su infrastrutture e alloggi. I lavoratori indonesiani spesso si ritrovano in abitazioni di fortuna realizzate con materiali di recupero, situate vicino alle ciminiere degli impianti e alle centrali a carbone, con l’inquinamento atmosferico che ha portato a malattie polmonari tra i residenti. Anche i lavoratori cinesi, che rappresentano circa il 13% della forza lavoro totale dell’IMIP, subiscono pratiche occupazionali inaccettabili, tra cui il sequestro del passaporto, pagamenti trattenuti e restrizioni alla libertà di movimento. Questi costi sociali e ambientali pongono seri interrogativi sulla sostenibilità del modello di sviluppo adottato, specialmente considerando che la crescente domanda di nickel, guidata dalla transizione energetica, continuerà a incentivare le aziende ad aumentare la produttività a scapito della sicurezza dei lavoratori e delle comunità locali.

III. LA DANZA DIPLOMATICA TRA MOSCA, PECHINO, WASHINGTON

La recente tempesta diplomatica scatenata dall’indiscrezione sulla presunta richiesta russa di una base aerea a Biak, nella provincia indonesiana di Papua, ha messo in luce le complesse dinamiche geopolitiche in cui è immersa Jakarta. Il 14 aprile 2025, l’autorevole testata Jane’s, specializzata in difesa, ha riportato che Mosca avrebbe chiesto all’Indonesia il permesso di basare aerei dell’Aeronautica Russa (VKS) nella base Manuhua, presso l’aeroporto civile Frans Kaisiepo. La notizia ha immediatamente allarmato Canberra, con il ministro della Difesa australiano Richard Marles che ha cercato chiarimenti da Jakarta, ricevendo una pronta smentita dal suo omologo indonesiano Sjafrie Sjamsoeddin. Nonostante la negazione ufficiale, l’episodio ha rivelato l’interesse strategico di Mosca per l’isola di Biak, situata a soli 1.300 km da Darwin in Australia (dove gli Stati Uniti mantengono una presenza militare) e a 1.900 km dal territorio americano di Guam. Già nel 2006 la Russia aveva proposto di stabilire una struttura commerciale per il lancio di satelliti sull’isola, e nel 2017 due bombardieri strategici Tu-95 a capacità nucleare dell’aeronautica russa avevano effettuato un rifornimento presso la base di Manuhau prima di effettuare un pattugliamento aereo sul Pacifico meridionale.

Parallelamente, le relazioni con la Cina hanno assunto una dimensione sempre più complessa, oscillando tra cooperazione economica e tensioni marittime. Il 21 aprile 2025, Indonesia e Cina hanno concordato di rafforzare la cooperazione in settori quali il disarmo, la non proliferazione e il controllo degli armamenti, durante il loro primo dialogo “2+2” tra ministri degli esteri e della difesa. Secondo il Ministero degli Esteri indonesiano, le due parti si sono anche impegnate a migliorare il coordinamento tra l’Agenzia per la Sicurezza Marittima dell’Indonesia e la Guardia Costiera cinese. Questo avvicinamento diplomatico avviene nonostante le persistenti tensioni nel Mar Cinese Meridionale, dove le rivendicazioni cinesi si sovrappongono alla Zona Economica Esclusiva dell’Indonesia intorno alle Isole Natuna. L’intensificarsi della competizione USA-Cina nella regione ha spinto Pechino a cercare di rafforzare la propria posizione, con il ministro degli Esteri Wang Yi che ha dichiarato che Cina e Indonesia dovrebbero opporsi a “qualsiasi forma” di unilateralismo e protezionismo commerciale, in un chiaro riferimento alle politiche tariffarie di Trump. La dipendenza economica è significativa: nel 2024, l’Indonesia ha importato beni per 72,7 miliardi di dollari dalla Cina ed esportato prodotti per 62,4 miliardi, principalmente carbone, olio di palma e ferroleghe.

I rapporti tra Indonesia e Cina nel Mar Cinese Meridionale meritano un’analisi più approfondita. L’Indonesia non è formalmente tra i sei paesi con rivendicazioni sovrapposte a quelle cinesi, ma la pretesa territoriale più meridionale di Pechino si estende all’interno della zona economica esclusiva indonesiana di 370 chilometri, particolarmente attorno alle isole Natuna. Questa sovrapposizione genera tensioni costanti: le pattuglie indonesiane allontanano o sequestrano regolarmente pescherecci cinesi, mentre navi della guardia costiera di Pechino scortano imbarcazioni da pesca, alcune delle quali intercettate dalle autorità indonesiane. In risposta, Giacarta ha potenziato pattugliamenti e guarnigioni nelle centinaia di isole sotto il suo controllo. Il recente memorandum sulla sicurezza marittima firmato tra le guardie costiere rappresenta un tentativo di gestire queste tensioni attraverso canali ufficiali, in un’area cruciale dove transitano merci per circa 5 trilioni di dollari l’anno. L’accordo prevede anche esercitazioni congiunte antiterrorismo entro fine anno, segnalando la volontà di contenere le dispute territoriali senza compromettere la cooperazione su questioni di sicurezza non controverse.

Con Washington, l’equilibrio è ancora più delicato, soprattutto dopo l’annuncio di Trump di dazi del 32% sulle esportazioni indonesiane verso gli Stati Uniti, successivamente rinviati a luglio. Il 16 aprile, il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha incontrato il ministro degli Esteri indonesiano Sugiono a Washington, dove i due hanno “discusso modi per approfondire la cooperazione in materia di difesa e sicurezza, incluse le iniziative mirate a sostenere la libertà di navigazione e sorvolo nel Mar Cinese Meridionale in conformità con il diritto internazionale”, secondo una dichiarazione del Dipartimento di Stato americano. Per mitigare l’impatto dei dazi minacciati, l’Indonesia sta considerando l’acquisto di armamenti americani per miliardi di dollari. Durante una riunione a porte chiuse l’8 aprile, il ministro della Difesa Sjafrie Sjamsoeddin ha trasmesso una direttiva del presidente Prabowo che incaricava i funzionari di identificare armamenti statunitensi che potrebbero essere importati o il cui acquisto potrebbe essere accelerato. Tra le opzioni al vaglio c’è la ripresa dei piani per l’acquisizione di 24 caccia F-15EX, un accordo preliminare supervisionato da Prabowo stesso nel 2023 quando era ministro della Difesa, ma che non si è ancora concretizzato in un contratto. Il potenziale ordine, stimato in oltre 8 miliardi di dollari, si inserisce in un contesto di pressioni economiche nell’ambito del quale l’urgenza di ridurre il colpo arrecato all’economia indonesiana dai dazi statunitensi si scontra con le limitazioni di bilancio e la spinta di Prabowo per risparmi sui costi in tutto il governo.

Questa triangolazione tra Mosca, Pechino e Washington riflette il pragmatismo di Prabowo, la cui strategia “amici di tutti” consente all’Indonesia di mantenere una politica di allineamento multiplo, impegnandosi non solo con Cina e Russia, ma anche con le potenze occidentali. Come ha osservato durante il Dialogo Shangri-La a Singapore nel 2022, “abbiamo una buona cooperazione con entrambe le potenze… Gli Stati Uniti ci hanno aiutato molte volte, nei nostri momenti critici. Ma anche la Cina ci ha aiutato. La Cina ci ha anche difeso e la Cina è ora un partner molto stretto dell’Indonesia”. L’Indonesia sta cercando di utilizzare questa posizione mediana per incrementare la propria influenza geopolitica, come dimostra la sua recente adesione ai BRICS e il suo impegno in molteplici forum regionali. Tuttavia, il mantenimento di questo equilibrio richiede una continua calibrazione, poiché ogni concessione a una potenza può essere interpretata come uno sbilanciamento dalle altre. Il recente dialogp tra Indonesia e Cina, ad esempio, è avvenuto appena cinque giorni dopo la visita della delegazione indonesiana a Washington, suggerendo un tentativo di bilanciamento. Analogamente, la potenziale vendita di armi agli Stati Uniti potrebbe essere compensata da una cooperazione più stretta con la Turchia nel settore della difesa, come evidenziato dall’accordo di febbraio 2025 per la produzione congiunta di veicoli aerei senza pilota (UAV).

IV. I MILITARI NELL’ERA PRABOWO

L’ascesa di Prabowo, ex generale delle forze speciali e genero dell’ex dittatore Suharto, ha accelerato una silenziosa ma profonda espansione del ruolo militare nella vita civile indonesiana. Il 20 marzo 2025, il parlamento ha approvato una revisione della legge militare che consente a ufficiali in servizio attivo di ricoprire incarichi in 14 ministeri e agenzie governative senza doversi ritirare dal servizio militare – invertendo una norma post-autoritaria in vigore dal 2004. Le modifiche alla legge, approvate all’unanimità con scarso dibattito pubblico, permettono al personale militare attivo di operare in settori quali la procura generale, la sicurezza informatica, la gestione dei disastri e il controllo dei narcotici. Le prime bozze dell’emendamento proponevano addirittura di conferire al presidente il potere discrezionale di installare personale militare in qualsiasi posizione governativa, un’aggiunta successivamente accantonata. Il governo di Prabowo ha ripetutamente negato che l’emendamento indicasse un ritorno al “dwifungsi” – la dottrina dell’era Suharto che assegnava all’esercito un duplice ruolo nella difesa e nella politica. Ma l’espansione del ruolo militare va oltre la legislazione: Prabowo ha incaricato le forze armate di fornire supporto logistico per il suo programma di pasti gratuiti destinato a 82 milioni di scolari e madri in gravidanza, e ha annunciato piani per 100 “battaglioni di sviluppo territoriale” che aiuteranno le comunità locali a raggiungere l’autosufficienza alimentare, una priorità principale della sua amministrazione.

Questa crescente militarizzazione della vita civile si inquadra in una più ampia dottrina delle “Operazioni Militari Diverse dalla Guerra” (MOOTW nell’acronimo inglese), un concetto che sta guadagnando terreno non solo in Indonesia ma in diverse parti del mondo. Originariamente sviluppata negli Stati Uniti nei primi anni ’90 come dottrina di interventi militari limitati, MOOTW ha subito un’evoluzione concettuale che ne ha ampliato la portata fino a includere praticamente qualsiasi operazione non implicante una guerra convenzionale, dalle operazioni di peacekeeping alla gestione delle catastrofi, dal supporto civile alla lotta contro il terrorismo. In Indonesia, questa dottrina è stata utilizzata per mantenere il sistema di comando territoriale dell’esercito – istituito sotto il regime autoritario di Suharto – che consente ai militari di proiettare influenza a ogni livello amministrativo. La giustificazione ufficiale per l’espansione del ruolo militare fa leva sull’immagine di professionalità e competenza delle forze armate rispetto alle istituzioni civili spesso percepite come corrotte o inefficienti. Tuttavia, questo processo rischia di sfociare in una sostituzione di fatto del governo democratico, come avvertono attivisti e osservatori.

V. L’EQUILIBRIO REGIONALE: ASEAN, AUSTRALIA E OLTRE

Nel complesso scacchiere geopolitico del Sudest asiatico, l’Indonesia cerca di convertire la sua centralità geografica e demografica in influenza diplomatica, utilizzando l’ASEAN come piattaforma multilaterale per bilanciare le pressioni delle grandi potenze. Come membro fondatore e paese più popoloso dell’associazione, l’Indonesia ha una capacità unica di plasmare l’agenda regionale, promuovendo iniziative che favoriscono l’integrazione economica e la sicurezza collettiva. Tuttavia, l’efficacia di questa strategia è limitata dalle divisioni interne all’ASEAN, dove alcuni membri privilegiano i legami economici con la Cina rispetto alle preoccupazioni territoriali, creando un’incoerenza che ostacola gli sforzi indonesiani per promuovere l’unità regionale come contrappeso strategico alle azioni unilaterali di Pechino. Il dialogo “2+2” con la Cina dell’aprile 2025, focalizzato sul rafforzamento della cooperazione marittima, evidenzia il tentativo indonesiano di gestire bilateralmente le tensioni nel Mar Cinese Meridionale.

Le relazioni con l’Australia rappresentano un banco di prova particolarmente delicato per la strategia di bilanciamento indonesiana. Nell’agosto 2024, i due paesi hanno firmato un accordo di cooperazione per la difesa definito “storico”, ma l’adesione australiana ad AUKUS – la partnership trilaterale per la difesa con Regno Unito e Stati Uniti nella regione Asia-Pacifico – complica il rapporto bilaterale. Come sottolineato da Ian Wilson della Murdoch University di Perth, mentre l’Indonesia persegue una politica estera “libera e attiva” che le consente di collaborare con tutti gli attori internazionali, l’Australia si sta effettivamente “posizionando come prima linea per gli Stati Uniti nella regione”. Questo disallineamento strategico potrebbe rivelarsi problematico per Canberra, che ha “ristretto le proprie alleanze vincolandosi esclusivamente agli Stati Uniti” proprio mentre l’Indonesia mantiene una postura più flessibile. La visita di Prabowo in Russia e Cina prima di recarsi negli Stati Uniti ha sottolineato questa differenza di approccio, inviando il messaggio che “l’Indonesia considera tutti come partner”, un contrasto con la crescente integrazione australiana nel sistema di sicurezza americano. Gli sviluppi relativi alla base aerea di Biak, a soli 1.400 km da Darwin, hanno ulteriormente evidenziato le potenziali tensioni, con il primo ministro australiano Anthony Albanese, che ha immediatamente dichiarato: “Ovviamente non vogliamo vedere alcuna influenza russa nella nostra regione “.

Per diversificare le proprie opzioni strategiche, l’Indonesia sta costruendo partenariati con potenze “mediane” che possono offrire tecnologia militare e cooperazione economica senza la pesante impronta geopolitica di Stati Uniti o Cina. L’accordo del febbraio 2025 con la Turchia per la produzione congiunta di veicoli aerei senza pilota (UAV) rappresenta un passo significativo in questa direzione. La partnership tra l’azienda turca Baykar e la holding statale della difesa indonesiana Republikorp faciliterà la produzione congiunta di droni militari in Indonesia, rafforzando le capacità di sicurezza marittima del paese senza dipendere esclusivamente dai fornitori occidentali o cinesi. Questa diversificazione si estende anche agli acquisti militari dalla Corea del Sud, dalla Francia e dall’India, evidenziando la volontà indonesiana di evitare una dipendenza eccessiva da un singolo fornitore. Questa strategia di diversificazione riflette una visione pragmatica della sicurezza regionale, in cui l’Indonesia cerca di costruire un mosaico di alleanze tattiche per preservare la propria autonomia in un contesto di crescente polarizzazione geopolitica.

Fonti utilizzate:

East Asia Forum, South China Morning Post, Bloomberg, The Diplomat, Financial Times, Global Voices, Al Jazeera, Reuters, Eurasia Review, Asia Times, The Straits Times, The Guardian, Fulcrum, Janes

Andrea Ferrario è un blogger italiano di politica internazionale, con un focus particolare sull’Asia Orientale. Ha collaborato con il settimanale Internazionale ed è co-curatore del sito Crisi Globale.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Substack dell’autore.

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